martedì 17 marzo 2009

il senso perduto del domani

Stanotte vi devo parlare di una cosa seria...
lo so che è stata detta e ridetta, fritta e rifritta, ma di questa crisi generazionale voglio parlare anche io. Solo che non lo farò da sociologa (si, per chi non lo sapesse, sono una fottutissima sociologa), lo farò da membro d'elite della generazione in crisi.
Membro d'elite forse perche particolarmente colpita.
Chi siamo noi? Questi trent'enni in crisi perenne. Afflitti dal complesso di peter pan e dal sogno di crescere contemporaneamente.
Chi siamo ve lo spiego subito:

mia madre qualche giorno fa mi ha chiesto, molto turbata, se non penso mai al mio fururo. Sono una donna di trent'anni passati, senza figli, o marito, ne lavoro stabile. Mi ha chiesto " ma non pensi mai alla famiglia, averne una tua" La mia risposta è stata tanto immediata quanto cruda "tu non pensi mai a che parquet mettere sul tuo panfilo? no perchè io ho tante possibilità di mettere su famiglia quante tu ne hai di comprarti un panfilo"
Mia mamma, donna fantastica, ha capito, e ha lasciato stare. Ma io, donna molto meno fantastica, ho pensato tanto a quella mi risposta immediata e acida...davvero non avevo meglio da dire? La risposta è no, perchè davvero il paragone è calzante. Come si fa a parlare di famiglia quando non si sa se il prossimo mese avremo uno stipendio?
Come si fa a pensare al domani quando tutte le nostre energie sono impegnate a superare l'oggi?
Non è che ci penso con sofferenza, semplicemente non ci penso, allo stesso modo in cui mia madre non pensa a come decorare il suo panfilo, per la semplice ragione che non è tra le sue possibilità.
Siamo figli di un tempo di mezzo, noi trent'enni. La crisi ci ha preso alla sprovvista. Chi ha 40anni o più ha fatto in tempo a salvarsi, mentre i più giovani sono cresciuti con la consapevolezza di quello che andavano a trovare, e, spero, si siano preparati. Ma noi, cersciuti nell'abbondanza, figli del boom, noi che abbiamo avuto le borse naj oleari, e che in classe non potevi entrare se non avevi almeno la muta della carart. Noi che le nostre paghette erano più alte dei nostri attuali stipendi, siamo arrivati ad essere adulti pieni di sogni e cazzate. Ci hanno cresciuto viziati e vezzosi. Non per colpa dei nostri genitori. Chi poteva immaginare quello che sarebbe successo?
Crisi dei valori, scimmiottati da una tv senza anima ne vocazione. Crisi del lavoro, in una nazione che non lo ha poi mai veramente considerato un valore, ma solo un mezzo. Crisi delle relazioni, controllate da uomini troppo instabili per fare i padri di famiglia che scimmiottano la propria virilità su una chat erotica, e donne troppo detronizzate per poter veramente pensare di essere donne. Crisi del lavoro, crisi dell'economia, e naturale conseguente crisi interiore.
Stasera lo dicevo ad un'amico...non so più dove andare...un anno fa la mia vita sembrava segnata. Un uomo e un lavoro stabili. Con cui sognare. Entrambi sembravano parlare di futuro. Oggi invece quel futuro non c'è. La mia forma mentis è cambiata a tal punto che mi scordo per lunghi periodi che possa anche solo esistere, questo futuro.
Gli psicologi dicono che uno dei sintomi della depressione è non vedere più un il futuro....ma sarei veramente curiosa di quale sia la loro interpretazione quando il futuro non lo si vede per la semplice ragione che è obiettivamente terribile.

Grazie a Dio, per me, c'è mia madre, che mi ricorda ogni giorno che invece io questo futuro lo dovrei volere, e che devo combattere per averlo.

Io sono figlia di un militare. Sono stata cresciuta come un soldato, ed è quello che mi sento. Chi mi conosce lo sa, guerriera fino al midollo. Solo...solo che il guerriero ha bisogno di una causa per cui battersi, e io non riesco più a trovarne una. Quindi, amici che mi chiamate per farmi uscire da questo letargo che dura ormai da tre mesi, lasciate perdere, perchè io sto cercando una ragione. Non uscirò finchè non avrò trovato una ragione per cui combattere....o al limite finchè mia madre non comprerà un panfilo.

In tutto ciò oggi, per lavoro, ho intervistato un imprenditore calabrese, che ogni giorno ha a che fare con la ndrangheta. E voglio chiudere questo post con le sue parole, che non mi hanno sicuramente restituito un futuro, ma mi hanno donato una speranza, che è molto più di quanto avessi prima di parlarci:
"io sono quasi felice di questa crisi, perchè la nostra società era arrivata ad un punto di non ritorno. La famiglia era data per scontata, così come ogni altro valore. Invece quelle cose che la sua generazione ha dato per scontato sono delle conquiste. Purtroppo solo quando tutto è perso ci si rende conto del loro valore. Questa crisi riporterà il mondo occidentale con i piedi per terra, perchè quando anche solo comprarsi il pasto è un problema, tutto il resto ritrova la sia dimensione reale. Questa crisi salverà il genere umano dalla sia autodistruzione, questa crisi è una benedizione divina".

Sarà
io veramente condivido, anche se proprio non vorrei far parte di quella generazione che, a quanto pare, col suo sangue salverà il mondo.

Logorroica e lamentosa...ogni tanto dovete sopportarmi anche così. Fortunatamente è una rarità. Però ora vi chiedo di rispondemi. Stiamo davvero precipitando per poter poi salire?

1 commento:

  1. Questo commento mi è stato mandato via email da Mistery. Lo voleva postare ma ha avuto difficoltà a farlo. ANche altri mi hanno detto la stessa cosa. Lavorerò per risolvere questo problema. Nel frattempo riporto il commento:

    Da buon camminatore ho imparato che se non vedi all'orizzonte la fine del tuo viagio, la stanchezza aumenta e le gambe cominciano ad
    appesantirsi, cominci a pensare di non farcela e di non arrivare più.
    L'unico modo per superare la crisi è non guardare avanti ma guardare la strada davanti i tuoi piedi non più in là di 5 o 6 metri,
    giusto per vedere gli ostacoli e non inciampare.
    Nel frattempo osserva la bellezza dei fiori, del torrente e quant altro che ti lasci lentamente alle tue spalle.
    Ascolta i silenzio , il fruscio del vento, il canto degli uccelli.
    Alla fine arriverai alla meta senza renderti conto di tutta la strada che hai fatto ma pieno di belle immagini e forti emozioni.
    Al contrario se farai tutta la strada guardando lontano cercando continuamente con la vista la tua meta che non arriva mai,alla fine arriverai
    alla meta distrutto pieno dei pensieri negativi che ti hanno accompanato lungo tutto il viaggio,
    avrai perso tutti quei piccoli fantastici dettagli che messi insieme formano i nostri ricordi , la nostra vita .
    Questo per dire che è tutto vero quello che dici,
    ma, in un momentaccio come questo, non ti intristire per la fine del viaggio che non vedi.
    Questa è la dura salita che ci aspetta .
    Affrontiamola come il buon cammintore.
    -

    Il ricordo è poesia, e la poesia non è se non ricordo.
    (Giovanni Pascoli)
    Leggenda ti saluta

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